IL CUORE DI EMMA
(Breve racconto di Maria Ronzino)
Dalla finestra della sua stanza Emma osservava i bambini che giocavano nel cortile, le risate e le grida di gioia che le giungevano suscitavano in lei quella tristezza che ormai aveva imparato abilmente a nascondere per non ferire la sensibilità di sua madre. Emma aveva nove anni ed era affetta da una rara malattia genetica, il suo esile corpo, parzialmente deforme, si reggeva grazie a delle stampelle che lei stessa aveva scelto per il loro colore azzurro cielo. Il viso tondo e delicato era contornato da ricci capelli castani che richiamavano il colore dei suoi piccoli e malinconici occhi. Quanto poco avevano visto quegli occhi così assetati di vita, quanta ansia e desiderio di mescolarsi con le bellezze del mondo, un mondo che sua madre per il troppo amore le aveva impedito di conoscere. La mamma di Emma era una donna estremamente fragile e vulnerabile e questa sua vulnerabilità era la conseguenza di una serie di eventi negativi che si erano abbattuti su di lei nel corso della sua vita. Paola aveva ventiquattro anni quando scoprì di essere incinta di Emma: la notizia la rese pazza di gioia perché erano tre anni che lei e suo marito Giacomo tentavano di avere un figlio. Purtroppo quella gioia non durò a lungo perché al secondo mese di gravidanza, dopo un esame clinico, Paola venne informata che la sua bimba molto probabilmente sarebbe nata con gravi malformazioni fisiche. Per lei fu un duro colpo e a peggiorare le cose fu la reazione del marito che senza molti preamboli le pose la condizione di scegliere tra lui e la bambina. Paola inorridì al pensiero di interrompere la gravidanza…aveva tanto desiderato quella creatura...no, non l’avrebbe mai fatto, mai! Neppure per l’uomo che fino a quel momento aveva reputato il migliore del mondo. Improvvisamente capì che il suo cuore non poteva più continuare ad amare un uomo che si era rivelato così profondamente cinico e meschino. E così, Paola restò sola, completamente sola. I suoi genitori non accettarono mai il fatto che la loro unica figlia avesse divorziato infangando così il “ buon nome “ della famiglia. Ma lei aveva fatto la sua scelta e sapeva di aver fatto quella giusta. Voleva quella bambina e l’avrebbe avuta. Emma venne alla luce in una fresca e frizzante sera di settembre: era minuta, delicata ma tanto bella e solare.
Con il trascorrere degli anni le malformazioni di cui parlarono i medici cominciarono notevolmente ad accentuarsi: tra interventi chirurgici e cicli estenuanti di riabilitazioni, Paola e la piccola Emma passavano più tempo in ospedale che a casa. La vita non era certamente facile ma la forza del loro reciproco amore era l’arma più efficace verso il loro avverso destino. Paola era una madre estremamente protettiva nei confronti di Emma, talmente protettiva che decise addirittura di non farle frequentare la scuola facendogli prendere delle lezioni private a casa. Inutili furono gli innumerevoli tentativi di persuasione fatti da assistenti sociali ed insegnanti. Viveva con il perenne timore che le accadesse qualcosa e voleva ad ogni costo evitargli situazioni incresciose e imbarazzanti. Immaginava che se avesse frequentato la scuola i bambini della classe l’avrebbero presa di mira trattandola come un “fenomeno da baraccone”, deridendola e scimmiottandola senza farsi il minimo scrupolo. No, non avrebbe mai permesso a nessuno di ridere di sua figlia e l’unico modo per evitare che ciò accadesse era quello di nasconderla dal mondo intero. Addirittura spesso accadeva che prima che arrivasse un ospite a casa loro, Paola ordinasse ad Emma di ritirarsi in camera sua a giocare, ma se per caso l’ospite fosse arrivato con qualche minuto di anticipo e cercasse di far conoscenza con Emma ponendogli delle domande, Paola l’anticipava rispondendo al posto suo e poi le ordinava di andare in camera. Emma non era stupida e nemmeno tanto piccola da non capire che sua madre oltre a proteggere lei cercasse inconsapevolmente di proteggere se stessa da quella inevitabile sensazione di vergogna per aver messo al mondo un essere imperfetto. Ma Emma taceva tenendo per se i suoi piccoli pensieri fatti di sogni e di speranze. Ciò che sognava non era guarire ma era vivere in mezzo agli altri per condividere con loro le semplici cose della vita. Voleva andare a scuola, avere degli amici da poter invitare a casa e giocarci insieme, voleva vivere i colori dell’estate, conoscere il mare, la spiaggia e sentire il calore del sole sulla pelle. Voleva andare a far compere con sua madre, camminarle accanto senza avvertire il suo senso di disagio, entrare nei negozi e scegliere da se i suoi vestiti. Voleva una vita fatta di normalità, voleva una vita… la sua.
Emma uscì dalla sua stanza e si diresse in cucina dove trovò sua madre intenta a preparare la torta per il suo nono compleanno. - Spero che la torta venga bene, tesoro, la sto facendo come piace a te, con tanto cioccolato e panna - - Si, mamma, mi piacerà sicuramente - rispose Emma con un filo di voce - Cosa c’è Emma? Non stai bene? - Potresti venire un attimo in camera mia, mamma? Devo darti una cosa - Certo, cara… andiamo. Giunte in camera sedettero sul letto una di fronte all’altra. Emma prese una scatola di cartone e la passò a sua madre. - Emma, tesoro mio, oggi è il tuo compleanno non il mio! - Esclamò sua madre. - Lo so mamma, lo so. Ma vorrei che tu aprissi questa scatola, fallo per me! Paola guardo Emma con perplessità, non aveva mai visto sua figlia così determinata. Quando sollevò il coperchio della scatola ci impiegò alcuni secondi per mettere a fuoco ciò che stava vedendo. La scatola era vuota ma al centro vi era disegnato un grande cuore e al suo interno tantissimi piccoli disegni: il sole, la spiaggia, il mare, le rondini, gli alberi, le farfalle e tanti palloncini e cuoricini colorati; poi un prato con tanti fiori variopinti e in mezzo ad essi tanti bambini sorridenti che tenendosi per mano facevano il girotondo, una di questi bambini aveva le stampelle ed erano azzurre come il cielo sopra di loro. Paola guardò con attenzione il disegno nel suo insieme e all’esterno del cuore notò delle lettere che formavano una frase: IL CUORE DI EMMA. Gli occhi di madre e figlia si incrociarono istintivamente nello stesso istante. - Mamma, è da troppo tempo che mi tieni chiusa in questa scatola: so che mi vuoi proteggere da tutto e tutti ma io, per quanto mi è possibile, vorrei avere una vita che somigli a quella di tutti gli altri bambini. Ti prego mamma, se mi vuoi davvero bene non richiudermi in questa scatola. Sentendo quelle parole, Paola si sentì morire dentro, era come se vedesse Emma per la prima volta… lì, in quella scatola dove lei stessa l’aveva chiusa per troppo tempo, lì in quel cuore la sua piccola Emma custodiva i suoi desideri e il suo sogno di vivere una vita normale. - Che madre cieca ed egoista sono stata! Perdonami, piccola mia. Piangendo strinse a se la sua piccola grande Emma, poi prese il coperchio della scatola, lo ruppe in mille pezzi e, lanciandoli in aria, disse: - Ecco, mio piccolo tesoro, Emma adesso è libera!!!
FINE